Presagi d'innocenza- Patti Smith

domenica 22 febbraio 2009

C’è un’energia notevole in questo libro di poesie, scritte con il fiato rock da una Patti Smith spesso in stato di grazia. I riferimenti più ovvi sono William Blake, Arthur Rimbaud , Allen Ginsberg, ma la poetessa americana trova una sua originalità e la potenza dei suoi versi rimane nella memoria. C’è un afflato che si riverbera in strane volute, la forza atavica di un misticismo spesso accompagnato ad un’ironia che apparenta per esempio il romanticismo alle feci di un pidocchio, raggiungendo così la cifra di una contemporaneità in cui l’aspetto più elegiaco deve contenere il suo contrario e il sentimento fondere la nostalgia della purezza con il fango. In questi versi l’ombra di un albero, arbusti, rocce, sono racchiusi in un’ atmosfera magica in cui la presenza umana è dolcemente fusa alle cose , come se non ci fosse estraneità fra uomo e natura ,ma una profonda compenetrazione panica. Presagi d’innocenza sono appunto il contenuto esatto di una ricerca sulla realtà che permette a Patti Smith di indossare la maschera di Sibilla, lasciando scorrere nella pagina i suoi enigmi. Anche la presenza di Dio è evocata con la nostalgia di chi cerca nella banalità dell’esistenza la trascendenza che dia valore“alla volta celeste del nostro agire”, agire che in Patti Smith è sempre colmo di una consapevolezza che non viene mai abbandonata, nemmeno nel pieno della visione. La tensione sarcastica unita a una dimensione oracolare, la condanna della guerra, le immagini intense sono il dono di questi versi, in cui un intelligente controllo della scrittura si mescola con la spontaneità di molta narrativa e poesia americana. Il tema del vagabondaggio, del vagare in boschi trasfigurati , conferisce al libro un ulteriore fascino, sostenuto da una scrittura che sa essere materica e impalpabile, sfuggendo ogni pesantezza ideologica, e delineando un mondo affascinante e segreto in cui qualcosa di sacro e insieme profondamente animalesco, ma forse sacro proprio per questo, si dispiega sotto i nostri occhi. Il vento che muove le foglie dei platani ricorda che “ In qualche luogo sei buono “e anche il dolore “germoglierà come uno stelo”. L’accettazione della vita anche nei suoi aspetti più desolanti si sprigiona in versi come questi e il libro ne è tutto impregnato e anche se talvolta l’erba è” maledetta e priva di magia”, e gli orrori della guerra impediscono al poeta di cantare, e la” bellezza del sole non è immortale” , il sudore è in grado di battezzare luoghi aridi, la rugiada cola dai nostri stessi nasi e le nuvole dell’infanzia offrono la loro dissoluzione in “ un linguaggio di cifre”, che misteriosamente donano al cielo i colori di un’eternità, che si è vestita di tutti gli attimi della vita . Per diventare noi stessi occorre “spezzare il cuore delle nostre madri,”cercare la propria voce aldilà delle imposizioni della famiglia, e in questo ardere tutte le convenzioni Patti Smith ritrova la semplicità incantata dell’infanzia, unita alla”manciata di sofferenze” dell’età adulta,ma anche queste sono benedette da un’intensità vitale ,che trasmette loro tutta l’ arsione di una rinnovata consapevolezza. C è dunque una straordinaria vitalità in questi versi , la Smith allude costantemente al risveglio di sensi dimenticati, che lottano sotto la soglia della coscienza, per lasciare la loro impronta di lode, per cui le poesie della rocker americana si configurano come un canto di esaltazione e ringraziamento e si esce dal libro con la sensazione di aver partecipato a un rito iniziatico, guidati dalla poesia a trovare il fuoco di un mondo rivelato nella sua luce quasi estatica, nella sua fragile innocenza.

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