Elogio dei sogni - Wislawa Szymborska

giovedì 2 febbraio 2012

Premessa: Il seguente articolo è stato scritto qualche giorno prima della recente morte della grande poetessa polacca. Lo pubblico in questa sede invariato e mi unisco al cordoglio di tutti coloro che amano la poesia.
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Elogio dei sogni di Wislawa Szymborska è il primo numero della collana di poesia che esce in allegato al Corriere della Sera, collana ambiziosa e utile che si propone di sintetizzare un secolo di poesia, il Novecento.

Molta acqua è passata sotto i ponti da quando, pressoché sconosciuta in Italia, la poetessa polacca vinse nel 1996 il Premio Nobel, probabilmente causando sconcerto anche in molti addetti ai lavori letterari. Oggi Wislawa Szymborska è tra i poeti più letti e ammirati del mondo, tanto che il Corriere ha deciso di inaugurare con lei la sua collana, curata da Nicola Crocetti, che si preannuncia povera di poeti viventi(oltre a lei gli altri  premi Nobel Derek Walcott e Seamus Heaney).

E’ una bellissima antologia, che ripercorre il percorso creativo di questa poetessa, che usa l’ironia nei suoi versi e un tono colloquiale, minimale, privo di retorica e dunque estremamente moderno.

La modernità è un dato subito percepibile nelle movenze di questa scrittura che sa accogliere le minuzie e le inezie del quotidiano per restituircele con esattezza. E’ una poesia gioiosa che sembra poter superare tutte le angosce, ora con l’ironia, ora con una consumata saggezza, una poesia in cui è celebrata la stessa ”gioia di scrivere” , ma al tempo stesso il pragmatismo di chi di scrivere non se ne cura.

Szymborska opera con leggerezza, ironia, levità di tono, fino a sfiorare l’impalpabile, per gettarci anche nella ”vita inconcepibile”, ma con un gesto di materna dolcezza, senza ira, senza rabbia, senza rancore. Perché se da un lato può sembrare perfino una poesia innocente, per la sua mancanza di aggressività , è però fatalmente innervata di sentenze misteriose, di versi illuminanti, di immagini rapite. E’ una poesia sapienziale, in fondo, che nasconde nella banalità dei temi la sua profonda sostanza oracolare.

Szymborska è una Sibilla nascosta fra le fronde di una sensibilità contemporanea, fondendo ella i tempi e spazi del mito e della storia nell’istante di una perpetua epifania di stupore, parola chiave per interpretare la poetessa polacca. Stupore davanti alla vita, che non è da lei esaltata per le cose straordinarie ma per quelle semplici e ordinarie, come la cipolla di una sua famosa -e scherzosa - poesia , contenuta in questa raccolta, tradotta interamente da Pietro Marchesani.

La cipolla è un’altra cosa/Interiora non ne ha./ Completamente cipolla /fino alla cipollità/ Cipolluta di fuori,/cipollosa fino al cuore,/ potrebbe guardarsi dentro/ senza provare timore.”

E’ la banalità dell’esperienza umana ad essere esaltata, come fosse una gloriosa manifestazione del mistero dell’esistenza, mai realmente inutile, mai realmente orribile, ma tutt’al più media, comoda, sicura.
L’impressione, leggendo la Szymborska, è che la vita sia confortevole come i suoi versi, calda come un tranquillo focolare, si ha la sensazione che le sue poesie siano stanze in cui è bello abitare, lasciandoci cullare dalla tranquillità e dalla pace di aver compreso che tutto questo affaticarsi ha nelle sue pause tutta la sua bellezza e tutto il suo mistero. Questa stupefazione davanti al mondo è il cardine di una poesia in cui i toni cupi sono assenti perché Szymborska esplora un territorio in cui tutto è alleggerito da una sorta di superiore accettazione.

Ugualmente vi sono poesie in cui sferza anche una visione tragica, ma tale visione non ci induce alla disperazione o alla rassegnazione, qui c’è sempre come un invito a danzare, fosse anche sul palcoscenico del nulla.

“Perché tu malvagia ora,/dai paura e incertezza?/ Ci sei – perciò devi passare./Passerai e qui sta la bellezza.”

Neanche la caducità dell’esperienza umana è sentita con sofferenza, perché è ciò che permette il mutare, e impedisce l’assuefazione. Sottintesa troviamo sempre la ricerca di un’invisibile armonia, nella diversità e nella somiglianza. Perfino l’infanzia di Hitler è raccontata come un’infanzia qualunque, colma di tutte le promesse di un’infanzia qualunque, con il piccolo Hitler circondato dall’affetto e dalle speranze dei genitori.

Splendido esempio della capacità icastica della Szymborska la poesia Impresso nella memoria, dove la poetessa implora pietà a una rondine, trasfigurata fino a diventare “Icaro perfezionato/ frac asceso al cielo” oppure “lutto festante/aureola degli amanti.” Nel bellissimo monologo di Cassandra anche il destino della profetessa pare meno tragico, così come in Tarsio, o nella poesia Uno spasso, la constatazione della piccolezza dell’essere umano, del suo essere povero e minuscolo, è spunto per l’esercizio di uno sguardo fondamentalmente ironico e disincantato. Altrove in Foglietto illustrativo Szymborska dà voce a un tranquillante che attraverso la sua “pietà chimica” è però destinato in qualche modo a rubarci l’anima.

“Vendimi l’anima./ Un altro acquirente non capiterà/ Un altro diavolo non c’è più”.

E’ una poesia che indaga anche nelle pieghe della conversazione comune nella poesia Funerale, dove vengono riportati stralci di discorsi qualsiasi, fra considerazioni quotidiane, banalità e frasi interrotte, o ancora esalta la bellezza del Pi greco, numero di infinite cifre che incita ”l’oziosa eternità/ a durare.”

Ecco dunque lo stupore ancora una volta a dare sostanza di mistero ad ogni cosa, con gesto meditato, ironico e affabile, Szymborska ci guida in questa realtà fatta tutta di una scrittura lieve, che toglie pesantezza e sembra darci le ali di una divertita saggezza di vivere. Ogni sua poesia è una scoperta e una sorpresa, è un luogo in cui la rissosa contemporaneità si decanta in un armonioso discorso, che esalta le piccole cose, prossime all’incantesimo per la loro semplicità misteriosa.

“Sto sulla scena e vedo quant’è solida.
Mi colpisce la precisione di ogni attrezzo.
Il girevole è già in funzione da tempo.
Anche la nebulose più lontane sono accese.
Oh, non ho dubbi che questa sia la prima.
E qualunque cosa io faccia,
si muterà per sempre in ciò che ho fatto. “

3 commenti:

Oedipa_Drake ha detto...

Grazie per questo ricordo...
Per fortuna la poesia è eterna e le sue parole germoglieranno per sempre.

Logos ha detto...

Mi unisco al cordoglio di una poetessa che ha lasciato un'impronta sul nostro novecento drammatico.
Con lei abbiamo scoperto che far poesia dopo Auschwitz è ancora possibile.
Logos

Kremo ha detto...

Però, devo dire, che da sconosciuta, dopo il Mobel è cominciata una riscoperta sorprendente, che non capita sempre dopo il Premio. Già nel 1996, mi ricordo, se ne parlava già in internet (con Netscape e Windows 95!) e, non a caso, il Corriere l'ha pubblicata per prima nella propria collana.