Fogli d’Ipnos - René Char

sabato 14 gennaio 2017





Scrivendo poesie m’interrogo spesso sul mistero della scrittura.  Ogni tanto arrivano risposte o abbozzi, simulacri di risposta,  dall’esterno. Come questo libro,  edito in Francia  per la prima volta nel 1944, Fogli d’Ipnos, del poeta francese René  Char, che leggo  nella traduzione di Vittorio Sereni, in questa edizione Einaudi.

Libro che mescola la poesia con gli aforismi  e con brevi  brani narrativi, andando aldilà di ogni definizione di comodo, esplorando la scrittura come pozzo senza fondo dell’intuizione pura.

Nulla di astratto in tutto ciò ma la lucida concretezza di un uomo d’azione che partecipa alla Resistenza francese, assumendo su di sé la consapevolezza di agire per il giusto e “deciso a pagare per questo”. La guerra non è solo contro Hitler e le sue tenebre, ma anche contro il linguaggio automatico, sclerotizzato e sepolcrale che la modernità comunicante  ha fatto suo. Scrittura che a fatica, letteralmente in mezzo alle pallottole,  trova il suo spazio e la sua voce umana.

Perché è l’umanità di Char, il senso di fratellanza di questi partigiani, la cosa più commovente di questo libricino che vive le sue illuminazioni come il territorio conquistato al nulla e alle tenebre. Libro che non comunica, che sta di fronte al silenzio come un’offerta sacra, in cui la comunicazione anzi è denunciata come impropria violazione di questo silenzio,  nell’aforisma numero  185, per esempio,  in cui si glorificano ”le imposte di cristallo chiuse per sempre sulla comunicazione.”

È sicuramente un paradosso ma non si scrive per comunicare ma per accedere a quella zona incomunicabile che è il nostro più profondo tesoro e segreto. Così quasi per caso arrivano le folgorazioni, che ci sorprendono con il loro nitore.

In questo libro profondamente scritto e direi dolorosamente tradotto da un altro grande poeta, Vittorio Sereni, le folgorazioni sono diverse. Di tipo aforistico, poetico o narrativo.  Ne scelgo una per tutte, la mia preferita, la numero  129:  Siamo come quei rospi che nell’austera notte delle paludi si chiamano e non si vedono,  piegando al loro grido d’amore tutta la fatalità dell’universo. “

L’impressione di  stare davanti a una prosa poetica è giusta ma poi fugata da una scrittura che spazia dall’aforisma  all’aneddoto, fra impulso narrativo di tipo storico e la considerazione filosofica. La storia è quella della Resistenza contro il Nazifascismo,  la filosofia è un pessimismo lucido riscattato però da un “umanismo” (humanisme nell’originale) dall’ispirato tono civile.

 Non si sa dove finisca l’azione e cominci la poesia, se poesia e azione siano lo stesso atto  o attimo di una presa di coscienza civile. Risuonano le parole della prefazione che Char scrisse al testo vero e proprio,  dove si parla di un libro che avrebbe potuto avere come editore ”un fuoco di erbe secche” perché qui nulla  è solo letteratura, c’è in corso una sfida alle dinamiche della storia e della scrittura, dove forma e contenuto si rincorrono, dove,  come nelle parole di Rimbaud,  la poesia non ritmerà più l’azione,  sarà avanti. “

 Poesia e azione, vasi ostinatamente comunicanti” commenta Sereni. Poesia specchio dell’azione,  occhio stesso della Storia in cui l’azione si compie. 

Fogli d’Ipnos  è un libro profondo di un poeta che attraversa virilmente la Storia, per attingere  poi misteriosamente alla miniera della poesia, di un uomo che vive l’azione come spazio di una rivelazione,  per essere una “voce d’inchiostro”, nel marasma cieco e allucinato della barbarie nazista, sempre tentato di espanderla questa voce ma limitato dai tempi stretti, dalla disciplina militare della sua attività di partigiano. È la scrittura di un uomo che rischia in ogni momento di essere ucciso e non ha tempo da perdere;  è una scrittura perciò  necessaria, visionaria e realistica al tempo stesso.

Si finisce per ammirare René  Char,   come poeta, da lui definito magistralmente come “conservatore dei mille volti di ciò che vive”,  ma soprattutto  come  uomo che ha voluto partecipare al suo tempo e ha saputo  esserne all’altezza.

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