Tratteggi - Marco Furia

sabato 30 dicembre 2017





Nella sua svagata, ironica semplicità, Tratteggi di Marco Furia è opera in fondo enigmatica; tutta basata com’è su uno stile minimale, apparentemente ordinario ma altamente letterario e profondamente  scavato. È  un’ affascinante interrogazione sulla parola, sul linguaggio, sulla letteratura stessa.  Si mima un linguaggio comune, ripetendo ossessivamente gli aggettivi con cui solitamente si designano le cose, il reale, raggiungendo un effetto di parodia che presto finisce nell’ipnosi.

Cosa vuole dirci  Marco Furia con questo libricino in apparenza dimesso ma in realtà attentamente studiato, che parla di cose quotidiane,  come prendere un tè a un distributore automatico, attraversare la strada in compagnia di un gatto, montare una stampante, sintonizzare dei canali televisivi, farsi tagliare i capelli dal parrucchiere…?  È dunque il mistero a dominare in queste prose poetiche, dove la parola è nuda, privata dei suoi artifici onirici e restituita alla pura dimensione denotativa.

Eventi minimi, quotidiani, raccontati con un linguaggio di elegante scioltezza e ironica sobrietà, che mi ha ricordato a tratti un libro uscito qualche anno fa per Mondadori, Cronaca perduta, di Tiziano Rossi.

Si cessa di comunicare un significato, si è preda di un significante dispotico (il mondo con le sue macchine) che raduna sotto di sé  le pulsazioni ritmiche di una scrittura che sembra ironizzare su se stessa,  sulle proprie possibilità, riducendosi all’apparenza a un lucido resoconto,  potentemente ironico, sperimentando come un abisso la propria superficie assoluta, su cui le parole scivolano con naturalezza,  tanto più funziona l’opera dell’artefice. ”Macchine desideranti” ovunque,  da far funzionare con pazienza e ingegno, in un modo che  probabilmente sarebbe piaciuto a Gilles Deleuze.
Tutto viene ridotto dall’aggettivazione volutamente stereotipata a luogo comune, a banalità, dove però bisogna ricordare l’etimo di banale,  dal francese “banal”, che appartiene a tutti.

E sembra appartenere a tutti questo linguaggio,  al punto di avere un effetto straniante, ipnotico, si è detto. Tanto più dirompente,  quanto più si procede nella lettura.

La citazione in esergo è di Calvino da Lezioni americane:In questa predilezione per le forme brevi non faccio che seguire la vera vocazione della letteratura italiana”.

Forme brevi dunque, che sembrano non ambire a nulla, nessuna magniloquenza, ma un  calcolo che produce il senso di un understatement, dove il linguaggio stesso pare essere parodiato proprio nella sua funzione comunicativa. Questo bel libricino pone domande cui non si risponde facilmente e questo stile di scrittura c’interroga profondamente tanto più sembra stuzzicare la nostra superficialità nell’uso della lingua. Sono meccanismi, questa scrittura denuncia indirettamente la natura macchinica del linguaggio, fatto com’è di automatismi che elidono o nascondono il pensiero. Perché non c’è nessun messaggio sociale o politico, nessun ideale da difendere, nessuna chimera religiosa, nessun sogno ma la nuda realtà delle cose.

Si crea così una poesia oggettiva, dove il soggetto è un’ombra fugace e pare privo di quella interiorità di cui tanta letteratura ha parlato. È un io solo che intrattiene rapporti puramente funzionali con il prossimo e con il mondo stesso, sua principale preoccupazione è far funzionare le cose; è esso stesso la macchina che il linguaggio ha prodotto.

Si rimane così, al solito, sulla soglia dell’enigma qui tratteggiato, come vuole il titolo, in questa bella edizione Anterem - Cierre Grafica dell’ottobre 2017, accompagnata dai disegni di Minya Mikic.

Protagonista di queste prose  in fondo è l’aggettivo, che si appone costantemente come un refrain rassicurante, per cui ”domestico gatto”, ”assolata piazza”, “metallico carrello” “vigile barman, ”cigolante portoncino” etc sembrano raccontare,  nella maniera implicita e indiretta della letteratura più profonda, anche la nostra  alienazione di esseri comunicanti.  Ma non vi è inquietudine in questa scoperta, Tratteggi è opera che invita alla tranquillità, ispira pace, dona calore. Da leggere.

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